In un romanzo di qualche anno fa, Fuoco su Napoli, lo scrittore e regista immaginava l’imminente esplosione dei Campi Flegrei. Un avvocato, Diego Ventre, unico a esserne a conoscenza, ne approfittava per speculare. Sembra l’anticipazione di quello che potrebbe succedere oggi perché, spiega, in fondo «siamo un pendolo che oscilla tra speculazione e sofferenza».
C’è una terra che trema, una città che oscilla tra paura e annunci. Annunci di normalità e del «peggio che non è passato». In mezzo c’è chi mostra giubilo, nel 2027 arriverà la Coppa America: le regate, i turisti e il rilancio. Tutto e il suo contrario. Se fosse un romanzo si chiamerebbe Fuoco su Napoli. Il protagonista potrebbe essere un notabile, speculatore, affarista, con una musa da adulare: la bellezza che cura e ripara. Il guaio è che il romanzo in questione qualcuno lo ha già scritto. Quasi profetico. Lo ha fatto Ruggero Cappuccio, scrittore e regista.
Cappuccio, il terremoto non abbandona Napoli. Come si vive con la paura?
L’Italia è una Repubblica fondata sulla paura. Il resto del mondo politicamente e socialmente non fa eccezione. I napoletani la affrontano con un distillato di fatalismo, rimozione e consapevolezza. Sono acrobati del coraggio ma stanno stressando la loro anima.
Si alternano allarmi, inviti alla cautela e, in mezzo, nuove scosse. Come ci si orienta?
Non ci si orienta. Le politiche degli ultimi ottant'anni non hanno tenuto conto dei pericoli connessi alla situazione del Vesuvio e dei Campi Flegrei. Assisteremo a fibrillanti oscillazioni tra dichiarazioni e smentite. Si simulano i piani di fuga e si simula anche l’efficienza. Le persone e gli organismi di buona volontà faranno tutto quello che possono ma un piano organico non esiste. Per esistere avrebbe dovuto essere varato da decenni. Non si può aggredire la natura né la si può ignorare illudendosi che la sua risposta non arriverà.
Lei ha doti di preveggenza? Come le è venuto in mente Fuoco su Napoli (Feltrinelli editore), un romanzo che raccontava di Campi Flegrei pronti a esplodere, speculazioni e misteri?
Ogni artista è dotato di un intuito che percepisce energie sottili. Ma a questo va aggiunta la capacità di osservazione elementare, quella che si pone davanti ai fenomeni con gli occhi di un bambino: i Campi Flegrei sono una delle aree vulcaniche più pericolose del mondo. Il Vesuvio è un vulcano non un collina. Da millenni hanno fatto il loro mestiere e continueranno a farlo. Spettava all’uomo non costruire o costruire con il pudore e le misure necessarie. L’idea del romanzo nacque dal mistero dell’intelligenza sensibile ma anche dalla percezione del dolore dei napoletani. La parte sana della città è costituita da esiliati in patria.
Chi è Diego Ventre, il protagonista?
Diego Ventre è la quintessenza di un’intelligenza sincretistica. Esperto di diritto, grande penalista ed esperto di meccanismi mafiosi.
Nel romanzo Ventre, avvocato scaltro, progetta l’affare del secolo sull’emergenza, sa solo lui dell’imminente catastrofe. È già successo con il terremoto del 1980 e con la gestione dei rifiuti. Non abbiamo imparato niente?
Non abbiamo imparato niente. Al Sud non c'è maggior piacere che ripetere lo stesso errore almeno due volte.
Sullo sfondo il solito tavolino a tre gambe: politica, camorra e imprenditoria. Ventre racconta anche altro oltre le sue mire speculative?
In genere nei romanzi il protagonista è colui il quale ha ragione. Non è il caso di Ventre. Come Julien Sorel è un concentrato di contraddizioni. Imprevedibile generosità e spietatezza. Il suo cervello è siciliano: mai odiare il proprio nemico. Sa che la trattativa è la spina dorsale dei processi sociali e politici. Sa che il Sud ha bisogno di disgrazie perché sono quasi le sole cose che ha imparato a industrializzare. Ama la bellezza e vede nel fuoco una possibilità di purificazione. Pensa che a Napoli la brutta edilizia sarà eliminata. La natura farà ciò che non è riuscita a fare la Storia.
Ci sono due notizie che sembrano uscite da un romanzo. Il direttore dell’Osservatorio vesuviano, Mauro Di Vito, parlando delle scosse che in questi giorni hanno colpito i Campi Flegrei, ha detto che «il peggio non è passato, il processo sta continuando». Intanto Bagnoli e Napoli ospiteranno la Coppa America di vela. Suoli che si deprezzano, suoli che si rivalutano. Sembra la parabola di Ventre, no?
Suoli che si deprezzano. Suoli che si rivalutano. Esattamente. Il pendolo che oscilla tra la speculazione e la sofferenza. C’è chi muore di paura e chi di paura vive.
«Sta per succedere la Terza guerra mondiale?», si chiedeva uno dei protagonisti e la risposta non lasciava spazio a interpretazioni: «Una cosa del genere». Il libro è stato anche un modo per esorcizzare la paura?
Il libro è un invito a tenere allerta tutte le nostre facoltà di osservazione. La portatrice di vita nel romanzo è una ragazza di rara bellezza che si chiama Luce. È lei a dirci che come nel mito di Iside e Osiride i pezzi della bellezza di Napoli sono separati, allontanati, ma non estinti. È un romanzo su un popolo e su singole persone che hanno la possibilità di risorgere.
Erri De Luca ha detto che «preferiamo chiamare emergenza il terremoto per non dichiarare la pubblica incompetenza alla gestione», che ne pensa?
Erri De Luca ha ragione. I nostri tempi sono appassionati a ipocrite sottigliezze: vogliono stabilire la denominazione della tragedia ma, con le dovute eccezioni, non sono interessati alla tragedia. È una perversione imperdonabile in cui oltre all'efficienza sparisce anche la verità.
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