Per l’ultimo panel dell’evento di Domani dedicato alla cultura, sul palco del teatro Franco Parenti di Milano, un ospite a sorpresa: Elio Germano, reduce dal suo sesto David di Donatello e di una polemica con il ministro della cultura, Alessandro Giuli. Sul palco, moderate dalla nostra Emanuela Del Frate, anche Valentina Pozzi ed Emanuela Barilozzi Caruso.

Al centro del dialogo il documentario su Libero De Rienzo, proiettato prima del panel e girato durante le riprese di Sangue - La morte non esiste, l’esordio cinematografico di De Rienzo in cui ha recitato anche un giovanissimo Germano.

La genesi del documentario

«Avevo queste cassette da molti anni», ha detto Valentina Pozzi, produttrice della pellicola di De Rienzo. «Nessuno ha mai avuto il coraggio né di guardarle, né di scannerizzare e aprirle. Quattro anni fa, mossa anche dall’esigenza di riconnettermi con l’etere, ho preso coraggio e ho iniziato a guardarle. Mi sono resa conto di che diavolo di cosa abbiamo vissuto. Negli ultimi anni ho visto molto più spesso Elio, la sua presenza è stato un booster fondamentale per decidermi di impegnarmi in questa cosa difficilissima, a livello personale e per materiale. Non volevo che nessuno mi imponesse niente. Come il suo cinema è stato sempre un atto rivoluzionario, io avevo sempre la sua voce dietro».

È la seconda volta che il documentario su Libero De Rienzo viene proiettato: «L’esigenza era far vedere che tipo di passione e desiderio avesse Picchio nel fare cinema. Era una modalità carnale. Noi siamo stati tutti rapiti da lui, parlavamo sempre solo del film. Tre ore di video in cui c’era di tutto, queste cassette erano arte». “Picchio” è il soprannome con De Rienzo veniva chiamato dagli amici. Quando è stato girato Sangue, tutti e tre erano giovanissimi. «Ci sono alcune cose che mi perseguitano da allora - ha detto Caruso -. Io ero pronta, io ricercavo la ricerca. Questo film è pura ricerca, ma non lo sapevo. Invece Picchio l’aveva visto subito. Io non aspettavo altro. Rispetto agli altri registi, Picchio era un artista».

I discorsi sulla Palestina

La cosa che è saltata agli occhi a tutti, è che Picchio quando ha vinto il primo David fece un discorso sulla Palestina. Nell’ultimo discorso di Elio Germano a Venezia è tornata la Palestina. Esiste ancora un ruolo possibile di attori impegnati? «Penso che il ruolo dell’attore sia come quello di altri lavoratori, solo siamo più visibili. La Costituzione ci invita come cittadini a non essere indifferenti in quello che avviene nella politica», ha sottolineato Elio Germano.

«Il nostro ordinamento implica la partecipazione del popolo. Gli strumenti per esercitare la propria attività di cittadino non è dire una cosa sul palco in una premiazione, ma sul posto di lavoro, discutere quando qualcosa non va, non accettare poco riposo. E questo bisogna farlo in maniera collegiale, condivisa, come in ogni posto di lavoro. E lì si incide su qualcosa, e sarebbe compito di chiunque occuparsi di migliorare il proprio presente. Con “Picchio” ci siamo sentiti prima cittadini che lavoratori dello spettacolo. Eravamo diciottenni, eravamo più ai cortei e agli spazi sociali che nei posti del nostro lavoro».

«Sangue è un’opera viva»

Emanuela Barilozzi Caruso ha smesso di fare l’attrice e ora fa artista visiva. Cosa avrebbe pensato “Picchio”? «C’è una linea rossa, e quando c’è una linea rossa diventa tutto emozionante. Ante Sangue e post Sangue. Sangue è un’opera viva, ha anticipato tante domande che ora mi faccio e che ora perseguo. In Italia l’arte è un po’ divisiva: o sei attrice, o sei scultrice. In realtà, una cosa non escludono l’altra. Ho capito che il cinema italiano non mi poteva più dare quel che ho fatto nel film. Sangue è un’attitudine: e io quell’attitudine ce l’ho. È un’attitudine ad amare le cose che si fanno. Questo è il film, e mi dispiace non poterglielo dire. Penso che sarebbe stato con me soprattutto nei momenti che non sono il massimo».

La visione «cristica»

«Quello che ci avvicina artisticamente con “Picchio”», ha affermato Germano, «è una visione cristica del mestiere, nell’indossare il dolore, portare la croce. Di fatto rappresentare l’essere umano con tutte le sue vulnerabilità. Mettere il proprio corpo e farsi carico. Ogni film è un sacrificio, nella parola “sacrificio” c’è il sacro: il dolore funzionale a qualcosa più ampio e più misterioso».

Il tema dei finanziamenti dei film, e delle dinamiche di potere che si celano, è un tema estremamente presente. «Il cinema è per sua natura una cosa molto costosa - ha detto Germano - un film costa un milione di euro. Per cui, si entra in meccanismi di chi mette i soldi, chi trova i soldi. È possibile trovare una dimensione orizzontale nel cinema, senza gerarchie di potere? Ci abbiamo provato. È un film illegale, pirata. Cercare di fare esplodere quel meccanismo e fare una cosa indipendente e originale. Il film è uscito all’epoca in otto copie, in otto sale. Questo è stato il percorso cinematografico di questo film».

Il blog Mafie

Elio Germano non è solo uno dei principali attori in Italia, ma anche un grande fan del nostro blog Mafie, curato da Attilio Bolzoni: «Nell’ultima parte del sito, dove negli altri giornali ci sono cose distraenti, su Domani c’è il blog Mafie che leggo sempre con grande attenzione. Io ho fatto due film, prima Matteo Messina Denaro e poi Berlinguer. La preparazione di questi due film, con personaggi così distanti, è stata studiare la storia del nostro Paese. E studiando questa storia, si capiscono tante cose che forse era meglio non capire. A ben vedere, la storia del nostro Paese è fatta di molti potentati, molte famiglie potenti, con dinamiche familiari o potenze industriali: potentati che vogliono tutelare loro stessi» ha raccontato.

«Nel nostro Paese è successo che dall’Unità d’Italia, poi i movimenti contadini, poi i movimenti operai, questi potentati hanno cominciato a unirsi tra loro e hanno deciso prima di finanziare il fascismo, poi di violentemente frenare tutti i tentativi di redistribuzione della dignità. Ogni qualvolta nel nostro Paese non è caduto dall’alto qualcosa ma ci sono state battaglie collettive dal basso, ci sono stati questi potentati che, organizzati tra loro, tra ex e post fascisti, mafia, servizi segreti, che non volevano che si realizzassero avanzamenti democratici, a più riprese sono avvenuti stragi di Stato, accordi tra questi potentati, che guarda caso miravano alla creazione in Italia di quello che oggi definiamo “forte premierato” - cioè di una figura che sbilanciasse il nostro sistema di equilibri - ed eliminare il dissenso, per mantenere un sistema fatto di differenza di dignità» ha spiegato.

«Chi invece vuole - ha continuato - parità di dignità sociale, viene oggi molto criminalizzato. Ma noi, studiando e leggendo quelle che sono le sentenze dei processi sulla mafia, capiamo che questo processo non si è mai arrestato nel nostro Paese. Il tentativo, ormai dichiarato, è sempre quello: limitare la democrazia con un tentativo autoritario, delegittimando la magistratura e garantendo più poteri al premier per tutelare le persone appartenenti a quel mondo». Infine, un consiglio: «Leggete il blog Mafie».

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