Il magistrato interrogato non risponde. L’accusa di rivelazione di segreto. Il ruolo dei due ex super poliziotti. Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo: «Revocate con effetto immediato le deleghe di coordinamento investigativo»
La guerra nell’antimafia giudiziaria si arricchisce di un nuovo capitolo: Michele Prestipino, procuratore aggiunto della super procura nazionale antimafia e antiterrorismo, è indagato a Caltanissetta per rivelazione di segreto. Quello di Prestipino è un nome pesante che ha segnato le stagioni delle celebri inchieste contro le cosche da sud a nord del Paese.
L’accusa gli contesta l’articolo 326 del Codice penale: aver rivelato notizie riservate a Giovanni De Gennaro, presidente del consorzio di imprese Eurolink, e a Francesco Gratteri, ex poliziotto pure lui, ora consulente tecnico. In pratica si tratta della società coinvolta nella realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. «Perché nella qualità di pubblico ufficiale essendo procuratore aggiunto presso la Dna (Direziona nazionale antimafia) con delega al coordinamento delle indagini su ‘ndrangheta e cosa nostra, in violazione dei doveri inerenti la suddetta funzione, rivelava notizie che dovevano rimanere riservata a De Gennaro Giovanni e a Francesco Gratteri», è scritto nell’atto notificato a uno dei vertici della procura nazionale guidata da Giovanni Melillo.
Secondo le indagini svolte dai carabinieri del Ros, la rivelazione «del segreto avrebbe riguardato rilevanti particolari delle indagini in corso da parte di alcune D.D.A (procure distrettuali antimafia, ndr), anche con riferimenti all’uso delle intercettazioni». Inoltre: «Secondo l’ipotesi accusatoria, sono state rivelate, quindi, notizie gravemente pregiudizievoli per le indagini di più uffici distrettuali; peraltro, vi sono concreti elementi per ritenere che il detto dottore Gratteri, anche per conto del dottore De Gennaro, avrebbe già avvisato del corso delle indagini medesime alcuni protagonisti della vicenda», è riportato nella nota diffusa dalla procura di Caltanissetta dopo l’interrogatorio in cui Prestipino si è avvalso della facoltà di non rispondere.
La difesa
L’avvocato di Prestipino è Cesare Placanica (vedi articolo in basso) che ha confermato l’interrogatorio, spiegando si è svolto «in un clima di grande serenità», e «su mia espressa indicazione si è avvalso, allo stato (come da atto il verbale), della facoltà di non rispondere poiché, come argomentato nella memoria difensiva depositata, riteniamo ci siano dubbi sia in ordine alla utilizzabilità del materiale probatorio su cui si fonda la provvisoria incolpazione, sia rispetto alla competenza territoriale del tribunale di Caltanissetta».
Placanica ha anche aggiunto: «Superati tali passaggi, fondamentali al corretto esercizio della giurisdizione, saremo noi a chiedere di essere interrogati perché - sottolinea il penalista - riteniamo sia agevole chiarire ogni aspetto controverso relativo ad una conversazione intercorsa non con imprenditori o, peggio malavitosi, ma con il prefetto De Gennaro, già capo della Polizia e investigatore di punta nella lotta alla criminalità organizzata ed un suo storico collaboratore. Non servirebbe neppure aggiungere come appaia lunare e privo di ogni aderenza alla realtà anche solo ipotizzare una accostamento dottor Prestipino a realtà criminali con cui non risulta, difatti, alcun collegamento».
Le notizie rivelate dal procuratore aggiunto antimafia a De Gennaro e Gratteri sarebbero collegate alle infiltrazioni nelle imprese del nord da parte della criminalità organizzata e probabilmente interessate alla grande opera da realizzare tra Sicilia e Calabria. Ma sono solo le prime ipotesi di un’indagine all’inizio e che ha visto la collaborazione del procuratore nazionale antimafia. Solo i prossimi passi chiariranno la portata dell’indagine, che, secondo la difesa, stabilirà presto l’assoluta estraneità del magistrato.
Guerra in antimafia
Al di là della solidità delle accuse, di certo è una vicenda che scuote ancora una volta l’antimafia. In un’altra inchiesta su vecchi fatti collegati alle indagini sulle stragi, sempre la procura diretta da Salvatore De Luca ha messo sotto indagine anche Giuseppe Pignatone, presidente del tribunale vaticano, ma che con Prestipino è stato l’autore delle più importanti operazioni contro le cosche in Sicilia, Calabria e a Roma. Proprio nella Capitale hanno firmato Mafia Capitale, che mafia non era ma, secondo la Cassazione, si trattava di un’associazione criminale semplice che aveva messo in piedi un enorme giro corruttivo.
Intanto la prima reazione è del procuratore nazionale antimafia, Melillo, che ha annunciato la revoca delle deleghe a Prestipino: «Nell’esercizio dei miei doveri di garanzia dell’immagine stessa e del buon andamento delle attività della Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, ho provveduto a revocare con effetto immediato le deleghe di coordinamento investigativo attribuite al dottor Prestipino Giarritta e ad adottare le ulteriori misure necessarie a tutelare le esigenze di riservatezza ed efficacia delle funzioni della Dna, dando di ciò comunicazione al Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione». Melillo ha poi aggiunto: «L’Ufficio che dirigo e le Procure distrettuali che conducono le indagini relative ad ogni tentativo di condizionamento mafioso delle attività d’impresa collegate alla realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina continueranno ad assicurare il loro comune impegno e la loro immutata dedizione per la completezza e la tempestività delle investigazioni e l’effettività del loro coordinamento».
Del resto Melillo è stato informato da tempo dell’indagine sul collega Prestipino, come spiegato nel comunicato della procura di Caltanissetta: «Ha assicurato personalmente, oltre alla massima collaborazione per lo sviluppo degli accertamenti, anche il necessario coordinamento con altre indagini, in varia guisa collegate, svolte da altri Uffici distrettuali».
Oltre la forma delle parole, c’è che la guerra nell’antimafia è ufficialmente aperta.
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