Nel 2020 il 41 per cento degli italiani affermava orgogliosamente di sentirsi molto o abbastanza vicino alle proposte populiste. Oggi la quota è scesa al 26 per cento. Come in calo è la percentuale di persone che vogliono «un leader forte»
Il 25 aprile quest’anno porta con sé segnali di rallentamento delle pulsioni populiste, delle spinte leaderistiche e degli sfilacciamenti nel fronte post-democratico. Nonostante queste decelerazioni lo spirito della lotta di Liberazione ha perso da tempo il suo vigore, la sua spinta propulsiva.
Quel senso profondo del valore dell’antifascismo come padre della nostra libertà, della nostra democrazia, della nostra Costituzione e del nostro benessere attuale fatica a fare breccia, dopo anni di propaganda svilente della lotta partigiana, di tentativi di far apparire questa giornata come una festa di parte, di revisionismo del ventennio mussoliniano, di parificazione tra quanti hanno lottato per le libertà e quanti, invece, difendevano la dittatura. Il quadro profondo del paese, tuttavia, è come sempre ondivago, oscillante e mostra segnali di movimenti trasformativi in atto.
Le posizioni
Così, da un lato, il 32 per cento degli italiani (erano il 37 nel 2020) ritiene che il regime fascista abbia fatto cose importanti per il nostro paese; mentre dall’altro lato, il 46 per cento degli italiani concorda con quanti sostengono che sentir “parlare di fascismo è una cosa anacronistica, un refrain della solita sinistra che non ha argomenti”.
Una posizione quest’ultima condivisa soprattutto dal ceto medio (50 per cento), mentre tra i giovani è meno pervasiva (39 per cento). Le dinamiche di decelerazione coinvolgono anche le pulsioni populiste. Nel 2020 il 41 per cento degli italiani affermava orgogliosamente di sentirsi molto o abbastanza vicino alle proposte populiste.
Oggi la quota è scesa al 26 per cento. Traiettorie analoghe le incontriamo anche sulle spinte antidemocratiche. Nel 2020 il 56 per cento degli italiani riteneva la democrazia lenta e auspicava un maggior decisionismo. Oggi questa quota ha marcato un piccolo rallentamento, scendendo al 53 per cento, con spinte decisioniste che si mantengono alte nei ceti popolari (58), mentre lievitano le spinte avverse tra i giovani (58 per cento di anti-decisionisti).
In declino più netto sono le spinte all’ordine. Tra il 2023 e oggi la quota di quanti affermano di preferire più ordine anche a scapito della libertà è scesa dal 50 al 43 per cento, con un calo di sette punti percentuali. Anche in questo caso l’universo giovanile appare all’avanguardia, con solo il 29 per cento disposto a sacrificare la libertà per l’ordine.
Ulteriori segnali di cambio di rotta, rispetto alle dinamiche degli ultimi anni, arrivano dalla fascinazione leaderistica. Se nel 2020 il 47 per cento degli italiani avvertiva l’esigenza di «un leader forte disposto anche a infrangere le regole«, oggi questa quota appare decisamente in discesa e si attesta al 37 per cento. Nella medesima direzione va il calo dal 43 per cento del 2023 al 36 per cento di oggi, di quanti ritengono il parlamento un freno e sostengono l’esigenza di dare più poteri al governo e al suo leader. In prima fila nell’opposizione alle spinte antidemocratiche troviamo i giovani, con quasi il 70 per cento di contrari a dare più poteri all’esecutivo e al premier.
In sintonia con questa frenata c’è un ultimo dato, sempre relativo al ruolo del parlamento. La quota di italiani che ritiene superato questo organismo costituzionale è scesa dal 48 per cento del 2021 al 40 per cento del 2025.
La voglia di libertà
Il quadro dei dati evidenzia il costante movimento e ridisegno dialettico delle dinamiche valoriali nelle viscere del paese. Lo spirito e il valore del 25 aprile si è degradato nel tempo. Parte dell’opinione pubblica è stata affascinata dal racconto revisionista e dalle sirene populiste, ma i valori di libertà, pace, solidarietà e giustizia sociale non sono andati in soffitta.
Nonostante le contraddizioni e le oscillazioni, le incertezze e le fragilità, le ragazze e i ragazzi della generazione Z manifestano una peculiare refrattarietà a tutto ciò che è limitazione delle libertà e degli spazi democratici, mostrando quanto i semi dello spirito del 25 aprile possano continuare a far germogliare il futuro.
NOTA METODOLOGICA. Dati osservatorio politico e sociale dell'autore, indagine cawi su un campione di 800 italiani maggiorenni, realizzata su panel digital Ipsos, tra marzo e aprile 2025.
© Riproduzione riservata