«Ci prendono in giro», solitamente mite il senatore del Pd, Alfredo Bazoli, abbandona i lavori del Comitato ristretto sul fine vita dopo l’ennesimo rinvio in cinque mesi. Avvocato civilista, noto per un approccio equilibrato anche nei momenti più difficili, tentenna di fronte all’ennesima fumata nera che questa mattina ha avvolto palazzo Madama.

Nel giorno in cui la Consulta invita il parlamento a legiferare sul fine vita, nel comitato dove erano convocate le commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, i relatori, Pierantonio Zanettin (FI) e Ignazio Zullo (FdI), non hanno presentato il testo unificato. Si sono seduti e hanno fatto finta di niente. «Dobbiamo ancora discutere, ci sono nodi da affrontare». Un copione che si ripete da cinque mesi. «Continuano a tenere in ostaggio non solo parlamento ma le Ats, gli ospedali, i medici, gli infermieri, i pazienti che soffrono», spiega a Domani il primo firmatario del disegno di legge sul suicidio medicalmente assistito che, nella scorsa legislatura, era stato approvato dalla Camera. Primo testo in Italia ad arrivare così avanti su questo tema, recependo i principi stabiliti dalla Corte costituzionale (sentenza 242/2019), al momento fermo in commissione. 

Senatore, la Corte costituzionale ribadisce che è legittimo limitare il suicidio assistito a chi dipende da trattamenti vitali. Non è incostituzionale né discriminatorio. Ma serve una legge chiara.

Conferma l’impianto ormai consolidato nelle sue pronunce precedenti: conferma che il suicidio assistito, le condizioni già poste con le sentenze precedenti oggi è possibile nel nostro ordinamento e conferma la necessità che il legislatore intervenga rapidamente con un appello che reitera inutilmente dal 2019, quindi sei anni e questo rende intollerabile questo continuo rinvio della discussione da parte del centrodestra.

A questo proposito, ci racconti cosa è successo stamattina quando si è riunito Comitato a porte chiuse.

Avevano promesso che avrebbero presentato un testo su cui discutere al Comitato ristretto, per l’ennesima volta, si sono presentati a mani vuote. Hanno cominciato a parlare dei nodi in via generale. Una presa in giro. Dopo cinque mesi in cui questo Comitato si riunisce senza produrre nulla, bisogna prendere atto del fatto che è fallito.

Lei cosa propone?

Direi di tornare in commissione: ci sono testi di legge già depositati. Il mio è firmato da oltre un terzo dei senatori, ha una corsia privilegiata. Si prenda quello come testo base, si presentino gli emendamenti in commissione e poi si porti in Aula. Però loro continuano a insistere che il Comitato ristretto deve lavorare. Ma non ha senso. Siamo stati fin troppo pazienti.

Perché partire proprio dal suo ddl?

Il mio è il testo più completo, più articolato. È già stato esaminato dal Parlamento nella scorsa legislatura, frutto di un lavoro lungo e accurato. Si parta da quello. Poi la maggioranza può fare quello che vuole. Il problema vero è che loro non hanno un accordo, sono divisi. E tengono in ostaggio il parlamento, l’opposizione, l’Ats, gli ospedali, i medici, gli infermieri, i pazienti che soffrono. Tutto a causa delle loro divisioni interne. Questo non è accettabile. Vengano in aula e affrontino a viso aperto le questioni. Finirà come finirà, ma devono avere coraggio. Non possono continuare a nascondersi dietro rinvii continui pur di non affrontare il nodo politico.

A luglio bisognerà comunque andare in aula?

Per forza: è già calendarizzato. L’ho fatto presente. Che senso ha continuare a girare a vuoto nel Comitato ristretto se l’aula è fissata? Tanto vale tornare in Commissione e lavorarci davvero. Temo che vogliano solo prendere tempo con il Comitato ristretto per poi arrivare in aula e dire che non si è avuto il tempo per affrontare le questioni. E chiederanno un nuovo rinvio, per tornare in commissione. Così lo affosseranno. Ma allora lo dicano. Si assumano la responsabilità di fronte al paese. È comunque meglio della doppiezza attuale: dire che si vuole fare una legge e poi fare di tutto per boicottarla.

Il suo Ddl rispettava le indicazioni della Corte costituzionale, ma ha ricevuto anche critiche.

Sì, da entrambi i fronti. Da chi lo riteneva eccessivamente rigoroso e quindi troppo restrittivo rispetto alle indicazioni della Corte, e, per converso, da chi lo considerava un avvio verso l’eutanasia. È stato criticato sia da una certa destra che da una certa sinistra radicale. Ma col tempo il giudizio si è molto ammorbidito. Ho avuto modo di affrontare ogni osservazione in modo puntuale, anche alla luce delle successive sentenze della Corte Costituzionale, che hanno fatto ulteriori passi in avanti.

Pierantonio Zanettin (FI) che la settimana scorsa aveva manifestato l'intenzione di presentare oggi un testo unificato, insiste: non c’è un ddl condiviso.

Zanettin conferma solo che il centrodestra non è in grado di presentare un ddl condiviso. Le loro divisioni tengono in ostaggio il paese. Sono loro a essere divisi sul tema. Quella del centro destra è una politica inadeguata ai bisogni reali dei cittadini.

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