L’ex compagna di Berlusconi “corteggiata” dai Cinque stelle: «Mi fa piacere il loro interesse». Sogna la discesa in campo della figlia del Cavaliere e attacca Gasparri: «Dovrebbe ritirarsi»
«Il Movimento 5 stelle di Conte non mi dispiace». Seduta sulle scale del Senato, a margine del convegno organizzato dal M5s Quanto è difficile fare coming out, Francesca Pascale risponde senza filtri: «Mi fa molto piacere l’attenzione che mi danno i Cinque stelle, non lo nascondo. Fino adesso ho ricevuto proposte da sinistra, da centro, da destra mai».
Corteggiata e applaudita dalla sala piena di senatori e deputati pentastellati. Il suo intervento in sala è seguito da un balletto di sguardi e di gesti. Brava, grazie, scriviamoci. L’imprenditrice guarda il mondo pentastellato, perché è stata guardata a sua volta.
«Non mi porrei neanche la domanda. Mi sento molto vicina». La sintonia politica c’è: su temi come il riarmo, le libertà individuali, i diritti civili. Non dice «mi candido». Ma fa sapere che è in ascolto. E che forse, se qualcuno glielo chiedesse – seriamente – potrebbe rispondere di sì.
Non è più la ragazza al fianco di Silvio Berlusconi ridotta dai giornali a silhouette e tacchi: «Sono cambiati i tempi. Sono successe cose nella mia vita». Fa una pausa. «Mi sento più libera mentalmente. Adesso non devo più neanche preoccuparmi di non disturbare gli alleati mi sento più matura. Più vecchia».
Non è un’ammissione di stanchezza, ma una dichiarazione di guerra. Sul suo telefono, in bella vista, non c’è una foto del Cavaliere ma di Lady Gaga, la popstar che ha fatto dell’identità fluida un’arma. Se la scegli come sfondo del tuo cellulare, vuol dire che ti somiglia, o che vorresti somigliarle. «È la mia regina, la amo».
Berlusconiana «fino alla morte»
Come Gaga, Pascale crede nella possibilità di rinascere ogni volta diversa, ogni volta più vicina a chi è veramente. «Non sono più tesserata a Forza Italia dal giorno in cui quel famoso discorso sui diritti è andato in frantumi. Non mi sono più sentita rappresentata. È stato quello il mio momento di ribellione».
Si dice berlusconiana «fino alla morte» ma distante da tutto ciò che Forza Italia è diventata dopo il Cavaliere: «Tajani è stata l’ultima scelta di Silvio Berlusconi, lo rispetto per quello che è stato in grado di costruire, non era facile. Ma il suo linguaggio non mi appassiona. Forza Italia ha assunto un linguaggio feroce, non ha empatia verso l’individualità. Serve una squadra diversa. Serve coraggio».
Poi, senza nemmeno cambiare tono, affonda: «Gasparri dovrebbe ritirarsi, magari può andare nelle quarte file». Anna Maria Bernini che chiede ispezioni alle università che fanno corsi di storia Lgbt: «Resta il simbolo del vecchio, di una generazione ferma alla sua ideologia e alla sua paura. Al circoletto che ti garantisce l’elezione. Non dimentichiamo che Bernini arriva da An. Questo è il punto di caduta: Forza Italia ha avuto difficoltà a smaltire, quella fusione tra An e Forza Italia che portò poi al Popolo della Libertà. Li ci sono rigurgiti fascisti».
Meloni e Salvini
Sulla leader di Fratelli d’Italia è lapidaria: «Conosco Giorgia Meloni dai tempi della giovanile di Forza Italia, quando a dirigerla era Beatrice Lorenzin, oggi nel Pd. Meloni è stata contraria ai diritti. Mi chiedo come faccia una donna che ha subito quella mascolinità tossica per tutta la sua vita».
Su Matteo Salvini è più conciliante, nonostante le critiche che gli dedica sui social: «Ci siamo scritti di recente su WhatsApp. Abbiamo deciso di incontrarci per chiacchierare su temi sulla quale la pensiamo diversamente».
Magari ci penserà Alessandra Mussolini, approdata da poco alla Lega, a fargli cambiare idea: «Sono sconvolta da questa scelta. Se in Forza Italia trovava difficoltà, figuriamoci lì. Ma lei è uscita da FI per un problema di vecchia data che ha con Tajani, mica per altro».
Pentapartito versione queer
Cita anche l’opposizione: «Il Pd lo guardo con rispetto. Non mi sento rappresentata politicamente dalla sinistra però è indubbio che devo a persone come Vendola qualcosa. Hanno aperto la strada anche per me». C’è una nostalgia che le brucia sotto la pelle. «Il ritorno in Forza Italia mi piacerebbe tantissimo. È il mio desiderio più profondo». Ma è un pensiero magico.
Pascale, che oggi ringrazia Nichi Vendola e domani può prendere un caffè con Salvini, incarna l’ideologia più forte del nostro tempo: quella delle posizioni liquide. Il “Pascale pensiero” è la versione queer del pentapartito: un po’ socialista, un po’ radicale, un po’ liberale, molto personale.
Lo declina lei stessa: «Sono favorevole alle adozioni. Abbiamo case famiglia numerosissime, ragazzini fino a 18 anni che vorrebbero una famiglia e non ce l’hanno, per una questione burocratica e anche di costi». Sulla gestazione per altri è netta: «Sono favorevole a tutte le procedure che danno la possibilità all’individuo di realizzare i propri sogni, purché non siano a discapito dell’altro. Se il processo è gratuito, non ci vedo nulla di male»
Una posizione che la pone più avanti della maggior parte dei partiti, inclusi quelli che hanno l’arcobaleno in mano solo in campagna elettorale. Sulle questioni transgender invece, commentando la decisione di Donald Trump che vieta le persone trans nell’esercito dice: «Dalla natura non si scappa. I generi sono due e nessuno può dire una cosa diversa. Ma la politica deve garantire i diritti a chi non li ha». In bilico tra quel binarismo di genere vicino a J.K. Rowling e un garantismo alla Zapatero.
E ancora l’elogio della cannabis libera – «per fumare devi andare in Olanda è assurdo» – e il sostegno al fine vita: «C’è la Consulta che chiede ai partiti di sbrigarsi». Più che un programma, un inventario che da qualche parte dovrà trovare spazio.
Sognando Marina
Tra i suoi desideri, due in particolare: la discesa in politica di Marina Berlusconi. «La famiglia Berlusconi è l’unica salvezza. Mi piacerebbe tanto vedere quel cognome di nuovo in campo, validamente rappresentato ma non credo accadrà». E poi lei a capo di «un dipartimento diritti». Nell’attesa, in un tempo di appartenenze mobili e ideali liquidi, anche una berlusconiana può guardare altrove. Verso i Cinque stelle, che ricambiano. Lei studia «da attivista»: il vero partito oggi non è fatto di sigle ma di spazi da occupare. E lei potrebbe aver intravisto uno tutto suo: quello delle libertà individuali.
DIRITTO DI REPLICA
Gentile Direttore, contrariamente a quanto sostenuto nell’articolo dal titolo: “Pascale: «Il M5s? Mi piace» E non esclude la candidatura”, a firma di Simone Alliva, pubblicato sul Suo giornale mercoledì 28 maggio, si precisa che il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, non ha mai chiesto «ispezioni alle Università che fanno corsi di storia Lgbt».
A conferma, Le evidenziamo anche le pubbliche dichiarazioni dei Rettori delle Università di Sassari e di Roma Tre, rilasciate lo scorso 8 gennaio, in questo senso. Entrambi i Rettori, Gavino Mariotti dell'Ateneo di Sassari e Massimiliano Fiorucci di Roma Tre, hanno pubblicamente affermato: «Non c'è stata alcuna ispezione da parte del Ministero dell'Università». Cordialmente
Risponde Simone Alliva: mi scuso per il refuso, la ministra Bernini non ha chiesto ispezioni, ma un’istruttoria, avviata con i rettori di Sassari e Roma Tre. Cioè l’apertura di un fascicolo sui corsi universitari. Un atto politico che solleva interrogativi. In Parlamento la ministra ha parlato anche di «degenerazione propagandistica». Evocare la «tutela della salute» delegittima l’autonomia accademica come denunciano oltre 200 docenti, in posizioni istituzionali apicali, firmatari dell’appello contro queste iniziative.
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