A Montecitorio la destra vuole discutere a luglio premierato e separazione carriere. Il capogruppo leghista Molinari rilancia: proposta per riscrivere tutta la Costituzione
Premierato sì, ma con giudizio: per la Lega di Matteo Salvini potrebbe non bastare. Almeno stando alla proposta di una riforma della Costituzione più ampia.
Il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio è cucito su misura addosso a Giorgia Meloni. Peraltro, dopo tanti tentennamenti e continui rinvii del dibattito, la riforma è destinata a entrare nel calendario dei lavori della Camera per il mese di luglio, in tandem con la riforma della giustizia.
Riforme d’estate
La Carta costituzionale della Repubblica sarà radicalmente rivista sotto il solleone estivo. Un’accelerazione a sorpresa per la madre di tutte le battaglie per parafrasare le parole della leader di Fratelli d’Italia. La reazione delle opposizioni è stata immediata.
«Il governo chiede di portare nel programma di luglio due riforme costituzionali, sulla separazione delle carriere dei magistrati e sul premierato. Crediamo che sia una forzatura, noi non siamo disponibili ad accettare una compressione di tempi e di termini. Saremo molto vigili su questo punto», ha detto la capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Braga.
A fare da eco il deputato di Alleanza verdi-sinistra, Angelo Bonelli: «La presidente Meloni va all'assalto finale della Costituzione per colonizzare lo Stato. La destra vuole occupare ogni angolo dello Stato e mettere sotto controllo organismi costituzionali come la magistratura».
Il capogruppo meloniano a Montecitorio, Galeazzo Bignami, ha ribadito l’intenzione: «L’opposizione prima dice che è sparita dai radar e poi si lamenta che la vogliamo esaminare». Insomma, si andrà avanti. A meno di intrlaci interni
I leghisti potrebbero infatti voler qualcosa in più: una vasta riscrittura della Costituzione che non tocchi solo il meccanismo di governo, in ottica meloniana, per mettere agenda a un cambiamento più radicale. Il punto di approdo resta il federalismo.
La richiesta è messa nero su bianco in una proposta di legge depositata il 21 maggio alla Camera per modificare «la composizione e le funzioni delle Camere e l’istituzione del Senato delle Regioni».
L’iniziativa porta la prima firma di uno dei pesi massimi del partito, Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio, supportato da vari colleghi di partito, tra cui Igor Iezzi, Alberto Bagnai, Simona Bordonali, Edoardo Ziello. Non un’iniziativa dal sen fuggita di un manipolo di peones, bensì un’azione strutturata. La tempistica è singolare, per non dire sospetta: esattamente a metà della legislatura, mentre sta per riaprirsi il dossier riforme.
Difficile incardinare questo testo facendo partire il discorso da zero. La soluzione ideale sarebbe quella di mettere mano al provvedimento già in esame in parlamento e che in estate – dopo gli annunci della maggioranza –dovrebbe appunto approdare in aula alla Camera.
Solo che Meloni aveva dato disposizione alla ministra delle Riforme, Elisabetta Alberti Casellati, di fare una serie di interventi mirati, con il bisturi, per toccare il minor numero possibile di articoli e ottenere il massimo con l’istituzione del premierato. Soprattutto qualsiasi ritocco allungherebbe a dismisura i tempi.
Senato leghista
Delle due l’una: o la Lega sta conducendo un’operazione di piccolo cabotaggio per piazzare una bandierina con la solita proposta di legge, destinata a marcire nei cassetti, o punta riaprire il cantiere delle riforme coinvolgendo davvero le opposizioni in una logica costituente. La seconda ipotesi è avvalorata dal peso del primo firmatario, quel Molinari spesso testa d’ariete nelle azioni di contrasto alle offensive di FdI.
La ratio della proposta riprende quanto dichiarato da Molinari poco prima del congresso della Lega. Si punta ad «archiviare il bicameralismo paritario», aveva detto in un’intervista al Corriere. L’approdo è «una Camera per le competenze esclusive nazionali e un Senato delle Regioni che si occupi delle materie concorrenti e collabori alle riforme costituzionali e alla ratifica dei trattati».
Un’Italia più federale, sul modello Lega degli esordi, che nella sua formulazione diventa un’esca perfetta per scompaginare il quadro della riforma del premierato. E attirare le opposizioni. L'idea è un invito a nozze per Italia viva. Matteo Renzi accarezza da sempre l’idea di una riforma costituzionale che possa superare l’attuale bicameralismo paritario.
Le prossime settimane saranno la cartina di tornasole per capire fin dove vuole spingersi la Lega, che al momento vede in alto mare anche il progetto dell’autonomia differenziata.
In mezzo al gran ballo delle riforme, c’è sempre la legge elettorale, che per Meloni andrebbe cambiata senza per forza attendere il via libera al premierato. Fratelli d’Italia vuole avere mani più libere sulle alleanze e medita la reintroduzione delle preferenze, che ha visto la presidente del Consiglio pubblicamente favorevole durante il premier time al Senato di qualche settimana.
Solo che pure in questo caso la Lega è pronta a sollevare la paletta dell’alt. Ovviamente è toccato Molinari prendere una posizione: «La legge attuale va più che bene». Nessuna rivoluzione.
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