«L’obiettivo è vicino, e più si agitano, più dicono che non si deve andare a votare, e più si capisce che hanno paura». L’ultimo comizio per il referendum di domani e lunedì, prima del silenzio elettorale scattato alla mezzanotte tra venerdì e sabato, per Maurizio Landini è nella piazza di Testaccio, popolare quartiere rosso di Roma. Un bagno di folla, un discorso a cuore aperto, alla ricerca dell’ultimo voto possibile. E anche l’occasione per rispedire l’accusa di avere ambizioni da leader politico (non viene solo da destra). «Stiano tranquilli: non ci penso per niente», dunque «al voto, al voto, al voto», «cinque Sì», «ognuno di voi parli con più persone possibile», «Se raggiungiamo il quorum c’è una maggioranza certificata che dice a maggioranza e opposizione che vogliamo cambiare l’attuale stato sociale».

Poco prima era stato intervistato in tv, a Tagadà su La7, subito dopo Elly Schlein. Che ha suonato lo stesso tasto: «Quello che sta facendo Giorgia Meloni è una campagna per l’astensione, ha così tanta paura della partecipazione da aver paura dell’esito del voto?». Landini nega che nel referendum basterà superare la soglia dei 12 milioni e 300mila (tanti sono i voti della destra di governo) per fare risultato, cosa che sostiene l’ala politica dei referendari: «L’obiettivo della Cgil è raggiungere il quorum. Non ce ne sono altri. Cancellare le leggi balorde che hanno fatto i governi, quelle che stanno peggiorando le condizioni di vita e di lavoro. Siccome in parlamento in questi anni le leggi non le hanno cambiate, l’unico strumento da cittadino e da sindacalista che avevo a disposizione era raccogliere le firme». I due – con Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Riccardo Magi – hanno macinato migliaia di chilometri.

Ma sono i leader delle organizzazioni più grandi, dunque fatalmente quelli che nel risultato si giocano le partite più pesanti: la prova, anche personale, di aver fatto la scommessa giusta. Dopo Schlein è corsa a Taranto, dove si vota anche per il ballottaggio: il civico Piero Bitetti, sostenuto dal centrosinistra, sfida Francesco Tacente, sostenuto dalla Lega. Ago della bilancia, il voto del M5s, la cui candidata al primo turno ha superato di poco il 10 per cento.

Ballottaggi e Nuoro

Nel weekend si votano anche i ballottaggi delle comunali di quindici giorni fa. Oltre a Taranto Matera, dove il candidato del Pd (ma senza il simbolo del Pd) Roberto Cifarelli è in testa rispetto al candidato della destra Antonio Nicoletti. Cifarelli è spinto da una parte del suo partito, e da Azione e Iv, che alla regione sostengono il governo della destra. Al voto anche Cernusco sul Naviglio, Saronno, Lamezia Terme e Massafra.

Vota anche Nuoro: il pentastellato Emiliano Fenu sfida per il campo largo Giuseppe Luigi Cucca, ex Azione, ex Iv, ex Pd, nonché fratello di Gemma Cucca, la presidente del Collegio regionale di garanzia elettorale della Corte d’appello che ha firmato l’ordinanza di decadenza della presidente della Sardegna Alessandra Todde. Pasticcio ancora in corso che infiamma lo scontro.

Chiusure sparse per l’Italia

I referendari hanno scelto di non riunirsi in una chiusura “nazionale”, a parte il palco di martedì scorso a Bari – oltre il leader Cgil c’era la stessa Schlein, Fratoianni, Chiara Appendino e Michele Emiliano – ma di spargersi in più città e moltiplicare le iniziative. Riccardo Magi, promotore del quesito sulla cittadinanza, giovedì è stato di mattina a Napoli, con Roberto Fico (candidato in pectore alla presidenza della regione Campania, a differenza di Giuseppe Conte si è schierato decisamente per il Sì anche a questo referendum) e il pomeriggio a Milano con il sindaco Giuseppe Sala. Conte ha deciso di partecipare (solo) al programma radio Un giorno da Pecora (Radio 1).

Dove gli hanno chiesto se Schlein è in grado di fare la presidente del Consiglio. «Perché no», ha risposto, «è la leader di un grande partito, ma è prematuro dire oggi chi sarà il premier». Prematuro è, ma il tema c’è: Pd, M5s e Avs sono prossimi alla meta di un’alleanza, ma Meloni ha in testa una legge elettorale che costringe una coalizione a indicare preventivamente il candidato premier. Una specie di arma fine di mondo per chi già fatica parecchio a mettersi insieme.

Il corteo pro Palestina

Per i tre partiti, prima della prova del voto di domani, c’è la manifestazione di oggi a Roma in solidarietà con il massacro in corso in Palestina. Parte alle 14 da piazza Vittorio e arriva a piazza San Giovanni, dove venerdì 6 era già pronto il palco. Corteo delicato, e preoccupante per le possibili provocazioni, organizzato nel pieno di polemiche anche interne e con l’accusa che la piattaforma – una mozione comune già votata e bocciata dalla Camera – non è sufficientemente dura contro l’antisemitismo.

Non è stato facile neanche scegliere gli interventi dal palco. Alla fine la scelta è stata fatta con il bilancino: suonerà il jazzista Paolo Fresu, parlerà il giornalista palestinese Abubaker Abed, Iddo Elam, giovane israeliano che ha rifiutato il servizio militare, la storica Anna Foa, i giornalisti Rula Jebreal e Gad Lerner, il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia e dell’Arci Walter Massa, la pacifista Luisa Morganini, l’ex ministro palestinese di Al-Fatah Atef Abu Saif, un chirurgo che ha operato nel macello di Gaza. E naturalmente Bonelli, Conte, Fratoianni e Schlein.

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