La premier annuncia un fumoso provvedimento sulla sicurezza dei lavoratori. Mattarella ricorda che non è l’unico problema da affrontare. Ci sono anche i bassi salari
Ricorrenza chiama provvedimento. Ormai è una ritualità rodata per il governo Meloni e anche questo primo maggio fa eccezione. In una lunga intervista al Corriere della sera, la premier ha anticipato che «in vista del primo maggio stiamo lavorando a qualcosa di estremamente importante per i lavoratori, cioè la loro sicurezza».
Nessun chiarimento, però, su quali «interventi concreti» possa avere in mente. Anche perché l’intervento non appare ancora delineato, si sa solo che «metteremo a disposizione importanti risorse» e che dovrebbe esserci un confronto con sindacati e imprese. Peccato che, per ora, e come confermato dal segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, i sindacati non sono stati «né informati né convocati».
Certo, per i sindacati, purtroppo, non è una novità. Anche l’anno scorso Meloni ha convocato un Consiglio dei ministri, proprio il primo di maggio, per approvare il cosiddetto «pacchetto sul lavoro» e lo stesso aveva fatto anche nel 2023. Il Cdm, al momento, è convocato per oggi ma nell’ordine del giorno non figurano provvedimenti specifici sul tema del lavoro.
Tempismo a parte, il problema della sicurezza è certamente presente: l’Italia conta più di mille morti all’anno sui luoghi di lavoro e nel 2024 il numero è salito rispetto agli anni precedenti. L’interrogativo è dove si trovino le risorse che Giorgia Meloni ha annunciato come previste, visto che nella Finanziaria 2024 nulla è stato stanziato sui temi della sicurezza e della prevenzione. L’esecutivo starebbe lavorando per presentare un provvedimento del valore di alcune centinaia di milioni di euro, ma tutto è ancora in corso d’opera.
Eppure, i toni di Fratelli d’Italia rimangono roboanti. «Nuovi posti di lavoro e crescita dell’occupazione femminile» ha detto la viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, a margine di un evento sul tema organizzato dal partito, parlando di «riforme strutturali che hanno superato la limitante visione meramente assistenzialista del passato».
Il monito del Colle
Slogan a parte la realtà ha tinte più fosche e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ancora una volta, si è assunto l’ingrato compito di risvegliare le coscienze. «Il lavoro sia motore di progresso, non causa di morte», ha detto il Quirinale alla celebrazione della Festa del lavoro a Latina, sottolineando «la piaga delle morti del lavoro che non accenna ad arrestarsi», per cui «non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione».
Soprattutto, però, ha ricordato come l’altra grande questione inaffrontata riguardi i salari. «Le questioni salariali sono fondamentali per la riduzione delle disuguaglianze» e «tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita. Salari insufficienti sono una grande questione per l’Italia», ha detto il presidente. Proprio il tema del salario è del resto completamente fuori dal lessico del governo, che ha detto un no categorico – «veto ideologico», lo ha definito il dem Antonio Misiani – al salario minimo proposto dalle opposizioni.
I numeri preferiti sono quelli dell’occupazione, con un incremento su base annua di 567mila occupati. Silenzio invece sul fatto che dal 2008 i salari reali sono diminuiti dell’8,7 per cento, secondo i dati forniti dall’Organizzazione internazionale del lavoro che collocano l’Italia come il paese con il dato peggiore tra i paesi del G20. In altre parole, anche se il numero di occupati aumenta, i salari reali non bastano a sostenere l’aumento del costo della vita.
E non è l’unico appunto mosso dal Colle che ha fatto storcere il naso alla maggioranza. Mattarella, infatti, non ha dimenticato di sottolineare come, anche tra i poveri c’è chi vive una condizione ancora più difficile: «Il trattamento dei migranti, con salari che, secondo l’Oil, risultano inferiori di un quarto rispetto a quelli dei connazionali, se non con fenomeni scandalosi come il caporalato, va contrastato con fermezza».
Le parole del Quirinale certamente hanno provveduto a smorzare i toni trionfalistici con cui il governo intendeva marciare sul primo maggio. E che il monito abbia infastidito i membri del governo è stato dimostrato dalla stizzita risposta del ministro di FdI per gli Affari europei, Tommaso Foti. A chi in Senato gli chiedeva dell’appunto sui salari, ha risposto piccato: «Che vi siano dei salari a volte bassi, questo lo sappiamo. Che oggi si possa dire come intervenire, è evidente che diventa quantomeno strumentale. Si potrebbe dire “alziamoli”, bisogna vedere dove si vuole intervenire, su quali tipi di salari si intende intervenire, quali sono le condizioni da cui derivano quei salari».
Interrogativi corretti, ma a cui il governo sarebbe chiamato a trovare risposte. A fare da controcanto agli entusiasmi di Fratelli d’Italia, del resto, si è subito inserita la Lega. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, infatti, ha ricordato come l’Istat abbia certificato un rendimento dei salari inferiore dell’8 per cento rispetto a gennaio 2021 e annunciato che la Lega «presenterà un suo disegno di legge sui salari: un tema che per noi è prioritario».
Proprio su questo terreno potrebbe aprirsi il nuovo fronte di competizione dentro il governo.
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