La quiete totale senza nemmeno una tempesta. Il mare della politica italiana è piatto con i protagonisti, fermi sulle loro zattere. E pazienza se all’orizzonte si scorgano gli scogli delle elezioni comunali e poi i referendum, e ancora più in lontananza si intravedano le nubi delle regionali.

La fotografia della politica italiana è quella dell’immobilismo, a destra, al centro, a sinistra. Ci sono i dazi di Donald Trump, la guerra in Ucraina, poi è arrivata la morte di papa Francesco e l’attenzione spostata sul conclave che inizierà il prossimo 7 maggio, che cannibalizzano – o anestetizzano in base ai punti di vista – il confronto politico. Finito sotto chiave.

Il cortocircuito consegna al governo un premierato di fatto. Anche per la colpevole negligenza delle opposizioni. Per paradosso la «madre di tutte le riforme» (copyright Giorgia Meloni) è uscita dal calendario di maggio a Montecitorio, proprio mentre la quotidianità assegna poteri da premierato alla leader di Fratelli d’Italia. Il dibattito è tutto premier-centrico, Meloni-oriented.

Annuncia vertici, si intesta mediazioni, calamita l’attenzione con il suo look al funerale del papa. Tutto intorno a lei. L’esecutivo si arroga pure il diritto di trasformare il disegno di legge Sicurezza in decreto e le battaglie delle opposizioni sfioriscono. Per informazioni ricordarsi della proposta del salario minimo, colpita e affossata.

Primo maggio tutto l’anno

Lo spirito dei tempi della politica è il calendario dei lavori parlamentari, forgiato per onorare la Festa del lavoro con un primo maggio lungo dodici giorni al Senato. Al netto delle sfumature palazzo Madama sarà fermo dal 24 aprile al 6 maggio.

Nel dettaglio non è prevista alcuna seduta dell’aula, presieduta da Ignazio La Russa, mentre alcune commissioni hanno messo qualcosa in programma. Si tratta in gran parte di audizioni, da seguire a distanza, o di programmazione dei lavori da sbrigare con passo svelto. In ogni caso entro domani a ora di pranzo tutti a casa. Se ne riparla la prossima settimana per liquidare in fretta e furia il decreto Pa che scade il 13 maggio.

Per paradosso, poi, al Senato si dovrà andare spediti per esaminare una serie di decreti prossimi alla decadenza. Sarebbe bastato evitare maxi-ponti per dare più spazio, e dignità, ai confronti.

A Montecitorio, sotto la presidenza di Lorenzo Fontana, l’attesa del primo maggio è altrettanto gravida di voglia di riposare. In questo caso, senza alcuna ipocrisia, non c’è alcuna commissione convocata (solo Cultura ma giusto per depositare degli emendamenti a una proposta di legge in esame). In aula sono previste due discussioni generali.

Ma niente allarmi: non sono in agenda votazioni. I deputati possono sentirsi liberi di non presenziare, la diaria non è a rischio. Per informazioni sulla vivacità del palazzo, farsi un giro in Transatlantico.

Certo, venerdì 2 maggio sono state piazzate strategicamente le interpellanze urgenti, che impegnano a malapena una decina di parlamentari e qualche sottosegretario chiamato a rispondere.

Nei giorni scorsi più di qualcuno l’ha definita una «furbata» per riempire un minimo il calendario. Paradosso dei paradossi: a smuovere la piattezza del parlamento italiano sono serviti un re un papa. La visita di Carlo III e la morte di papa Francesco hanno portato il pienone. Due figure che sono estranee a un parlamento. Insomma, Camera e Senato forniscono l’immagine di un’istituzione indebolita dal getto continuo di voti di fiducia (poco meno di 3 al mese in media, record per un governo politico). L’immobilismo abbraccia anche la vita politica al di fuori delle istituzioni.

Silenzi e diritti

L’ultimo segno di vita dal mondo dei partiti è arrivato con il congresso della Lega, che però è stato un momento di autocelebrazione per Matteo Salvini. Qualcosa di molto lontano da un confronto vero. Feste o eventi di mobilitazioni sono di là a venire.

Il resto è fermo alla battaglia social con la ricerca del bagno di like. Giuseppe Conte ha provato a smuovere lo stagno con le proposte contro le morti sui luoghi di lavoro. «Dall’istituzione della procura nazionale del lavoro all’introduzione del reato di omicidio sul lavoro», ha ricordato il leader dei Cinque stelle.

Sembra l’avvio di una strategia più ampia per creare un ponte – politico – con il Partito democratico e Alleanza verdi-sinistra, riproponendo il modello salario minimo. L’unica proposta in grado di unire davvero il campo largo.Per ora è un tentativo.

Addirittura è finita in secondo piano la scadenza per chiedere il voto dei fuorisede in occasione dei referendum di giugno: i lavoratori e gli studenti devono inviare la richiesta entro il 4 maggio. Manca poco e la mobilitazione non è memorabile.

Non c’è la spinta politica per valorizzare un diritto che pure è stato richiesto a gran voce dalle opposizioni. Agli atti c’è qualche intervento social: proprio ieri il Pd ha postato un promemoria sulla propria pagina ufficiale, qualche giorno prima lo avevano fatto Nicola Fratoianni, deputato di Alleanza verdi-sinistra, e il segretario di +Europa, Riccardo Magi. Ma la politica è ferma, avvitata su sé stessa. E se qualcosa si muove, non va oltre la bolla dei social .

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